Effetti della pandemia sullo screening mammografico

lunedì, 28 Giu 2021

Premessa

In Italia, nella primavera del 2020, a causa della diffusione del virus SARS-COV2 e della scarsità dei DPI (dispositivi di protezione individuale) necessari al personale sanitario per lavorare in sicurezza, molte strutture ospedaliere sono state riconvertite in “ospedali COVID” e la maggior parte dei poliambulatori sul territorio nazionale sono stati chiusi. La situazione che si è così creata ha avuto significativi effetti negativi sul normale svolgimento delle attività di screening mammografico, sia per chi, già con sintomi palesi di neoplasia, aveva necessità di sottoporsi a controlli periodici e sia per chi, in base all’età, pur senza alcun segnale o sintomo, avrebbe dovuto sottoporsi a screening preventivo. Vediamo più nello specifico cosa sia accaduto.

Primavera 2020

Il blocco delle attività diagnostiche e di screening imposto dalla riconversione di alcuni ospedali e dalla chiusura di una buona parte dei poliambulatori è stato attuato nel logico intento di liberare risorse (come personale sanitario e spazi fisici) per gestire al meglio la pandemia in corso. Simili provvedimenti erano allora necessari – difficile sostenere il contrario – soprattutto in considerazione di quanto l’intero pianeta fosse impreparato a fronteggiare un’emergenza di tale portata, ma è evidente come quella prima ondata pandemica abbia reso complesso – se non impossibile – seguire le normali procedure di screening e controllo.

Inoltre, ad aggravare la situazione, è subentrata la reazione di tante persone che, anche se già presentavano sintomi specifici di patologie oncologiche, non hanno voluto o potuto recarsi nelle poche strutture rimaste accessibili per le urgenze. D’altro canto, abbiamo tutti ben vivo nella memoria il ricordo della paura che in quei mesi di primavera montava insieme al computo di ricoveri, posti di terapia intensiva e, purtroppo, decessi per COVID19. Senza contare che gli spostamenti erano resi difficoltosi dalle misure restrittive, forse ancor più nella percezione del cittadino che nella pratica della norma (che ha sempre esentato dal blocco chi avesse dimostrabili necessità correlate alla salute).

Carenza di strutture, difficoltà di spostamento e paura del contagio hanno fatto sì che tumori già in atto non venissero diagnosticati con la stessa tempistica che sarebbe stata possibile senza la sospensione delle attività di screening.

Il risultato della situazione fin qui descritta è evidente: patologie neoplastiche in corso – diagnosticate o meno – hanno progredito indisturbate per un lasso di tempo che normalmente non sarebbe stato loro concesso. Quando pazienti sintomatici (relativamente alla patologia neoplastica) e pazienti asintomatici (quindi completamente all’oscuro di una patologia già in atto) si sono infine sottoposti ai controlli, i tumori riscontrati erano in stadi mediamente più avanzati di quanto non sarebbe accaduto in condizioni pre-COVID. E poiché è indiscutibile come la precocità della diagnosi e la tempestività dei trattamenti siano fondamentali nel migliorare la prognosi per il paziente, si può purtroppo affermare che molte pazienti di cancro al seno hanno visto diminuire, a causa della pandemia, le proprie possibilità di guarigione.

Un esempio sul territorio

Lo screening mammografico in Emilia-Romagna

Per quanto riguarda il tumore della mammella, in Emilia Romagna il programma di screening mammografico prevede a titolo gratuito una mammografia annuale per le donne con età compresa tra i 45 e i 49 anni, e una mammografia biennale per le donne con età compresa tra i 50 e 74 anni. Nella provincia di Modena, nel 2019, sono state invitate a sottoporsi al programma di screening 83.073 donne, con una percentuale di adesione del 78,1% e una diagnosi di carcinoma mammario in 12,96 donne su 1.000 al primo invito, e in 6,19 donne su 1.000 donne nei successivi richiami.

Il servizio di screening mammografico modenese

A causa della situazione descritta nella prima parte di questo articolo, durante la pandemia, il servizio mammografico di screening modenese è stato interrotto l’8 marzo 2020 e riaperto il 15 maggio dello stesso anno, seppure con capacità ridotta nei due mesi successivi.

Gli effetti dell’interruzione dei servizi di screening, e della successiva riapertura a capacità ridotta, sono purtroppo eclatanti. Uno studio retrospettivo ha confrontato le diagnosi di tumore mammario effettuate nello stesso centro modenese nel trimestre maggio – giugno 2020 (dopo i due mesi di chiusura per COVID) con le diagnosi effettuate nello stesso trimestre dell’anno precedente, il 2019 (pre-COVID), quando lo screening mammografico era regolarmente funzionante come da prassi delineata più sopra.

Due trimestri a confronto: 2019 – 2020

Nel 2019 sono state effettuate 223 nuove diagnosi su 15942 mammografie eseguite (1,40% di positività) mentre nello stesso trimestre del 2020 le nuove diagnosi sono state 177 su 9052 mammografie (1,96% di positività). Se il significativo calo numerico delle mammografie eseguite è probabilmente da imputarsi sia alla riapertura a capacità ridotta del centro, sia a una minor risposta nelle persone chiamate allo screening, il dato più preoccupante è relativo alla tipologia di patologia diagnosticata: Nel trimestre del 2020, infatti, sono percentualmente aumentate sia le diagnosi di carcinoma mammario infiltrante (+ 11,2%), sia di patologia in stadio più avanzato (+10,3%). Conseguentemente – e sfortunatamente – è diminuita invece la percentuale di carcinomi mammari diagnosticati in situ, ovvero in fase iniziale (- 10,4%).

La sintesi finale è ineluttabile: la sospensione dei servizi di screening ha comportato un ritardo nella diagnosi della patologia e il conseguente aumento della “gravità” della stessa (relativamente allo stadio di avanzamento). Il ritardo diagnostico ha ovviamente implicato un pari ritardo terapeutico, e la situazione che ne risulta è inevitabilmente a sfavore della prognosi.

Conclusioni

Questo studio non fa che confermare ciò che probabilmente tanto il buon senso quanto la semplicità di un ragionamento lineare avrebbero potuto suggerire anche prima dei dati numerici: per evitare che, a distanza di qualche anno, aumenti la mortalità dei pazienti oncologici che hanno subito ritardi diagnostici e terapeutici, è raccomandabile che non siano più sospesi i percorsi diagnostici e di screening nemmeno nel caso più sfortunato (e che tutti noi speriamo di avere scongiurato) di nuove ondate di SARS-COV2 e relativi provvedimenti emergenziali.

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